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Storiaok

La storia

Teularju è un’azienda a gestione familiare condotta da Francesco Sedilesu e Rosa Muggittu insieme ai loro figli, Giovanni e sua moglie Elisabetta, Vincenza e Giuseppe. Francesco da venti anni segue le vigne e i vini dell’azienda della sua famiglia d’origine. Tutti i figli ed Elisabetta, fin da piccoli, hanno collaborato in vigna e cantina e questa attività è da loro molto amata. 

L’azienda nasce nel 2017 con l’impianto del nuovo vigneto a Teularju, interamente coltivato a Cannoanu; nel 2019 la prima vendemmia e la vinificazione delle prime due Ghiradas (termine in sardo che identifica un Cru) Ocruarana e Cara’Gonare; nel 2020 si imbottigliano le altre due, Erula e Rizza

Nel 2021 l’azienda è stata ampliata con un nuovo impianto di Granatza in località S'Anestasia dal quale nascerà un bianco autoctono del territorio. 

Francesco racconta 

La tanca di Teularju , così è la nostra pronuncia e crediamo sia giusto anche scriverlo in questo modo, nelle carte la si trova indicata come Teulargiu, ma nel paese era nota come Erularju e, a questo punto, non sappiamo chi abbia errato nella dicitura. È situata a confine dell’agro di Mamoiada con Orani, e, come una bisaccia, sa bertula, sulla schiena dell’asino, ricade una sacca in un comune e una nell’altro. È stata però da sempre proprietà di persone di Mamoiada; fino agli anni settanta di Sale Gallisai Antonio, fu acquistata dopo da Antonio Mele noto pastore e poeta di Mamoiada, il quale parcheggiò vicino alla stalla, quando arrivò a fine carriera, il suo mezzo di locomozione che lo caratterizzava nei miei ricordi giovanili, un Maggiolino verdolino, e così noi lo abbiamo trovato. Vendette in seguito a mio Zio Mario Sedilesu pastore anche lui. Nel 2015 cercavamo disperatamente un terreno per impiantare un nuovo vigneto e per caso Zia Luigia, vedova di Ziu Mario mi disse che da anni cercava di vendere questo tancato di quasi dodici ettari. Andai a vederlo senza convinzione visto che non era, in passato, una zona dedita alla viticoltura e anche mio padre Giuseppe che mi accompagnò mi disse che, andando a memoria, essendo anni che non ci passava nemmeno, non gli sembrava un terreno adatto alla vite. Appena ci arrivammo, a tre km dal paese nella vecchia strada per Orani, attraversato il cancello, mi si aprì davanti la visione di un terreno molto bello, presi l’aria fine primaverile, a pieni polmoni e alzai lo sguardo, il monte di Gonare mi si parò davanti maestoso. Fù amore a prima vista, c’erano tante pietre, cumuli di pietre enormi di granito, ci sarebbe stato tanto da lavorare, ma il legame che si stabilì tra quella terra e me fu immediato: “il posto è molto bello, il vino sarà buono”, mi dissi. Mi girai verso mio padre, lui ancora non sembrava convinto, andava girando nei pressi battendo il suo bastone sulle enormi pietre cercando di scacciarle, lo spaventavano. Io gli andai vicino e gli dissi che avevamo trovato il terreno che cercavamo e che tutto sarebbe andato bene. “Mah , isperamus” mi rispose. 

 
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